Logo Rotaract

Logo Rotaract

Premiato il Liceo Depero per il nuovo logo Rotaract Martedì 23 febbraio si è tenuta la cerimonia ufficiale di premiazione del vincitore del progetto lanciato dal Rotaract Club di Rovereto – Riva del Garda assieme al Liceo Depero per la creazione del nuovo logo del Club. Ai ragazzi della classe 5C del percorso di grafica, guidati dal Professor Maurizio Cesarini, è stato chiesto di sviluppare un logo che potesse rappresentare le due città trentine in cui l’associazione giovanile di volontariato Rotaract opera. La sfida lanciata ai ragazzi non era facile viste le diverse identità delle città di Rovereto e Riva del Garda, ma dopo una serie di consultazioni fra i membri del Rotaract Club, è stato finalmente decretato il logo vincente, realizzato da una studentessa: il simbolo grafico elaborato deriva dalla fusione di due elementi architettonici di chiara ispirazione deperiana: la cupola del Mart a Rovereto e la Torre Apponale di Riva del Garda. La scelta di tali elementi visivi è riconducibile al fatto che entrambi sono rappresentativi delle due città. Il simbolo grafico, infatti, è inscritto all’interno di un cerchio – che è associato alla cupola del Mart – per comunicare condivisione ed unità d’intenti. Il Rotaract Club si è detto estremamente soddisfatto della scelta finale fatta e verserà una donazione alla scuola che servirà per l’acquisto di materiale didattico. La Past Presidente del Rotaract Club Rovereto – Riva del Garda, Serena Galli, che ha seguito in primis il service, ha dichiarato a nome di tutto il club di essere rimasta piacevolmente colpita dallaqualità e creatività dei lavori presentati e dalla professionalità con cui tutti i ragazzi hanno preso parte al progetto. Il logo scelto, realizzato da una studentessa della classe 5C Il logo scelto, realizzato da una studentessa della classe 5C Precedente Successivo

Scegli da che parte stare

Scegli da che parte stare

Dalla Sicilia al cuore dell’Europa: “Scegli da che parte stare”. Un percorso di Educazione civica con due docenti d’eccezione al Liceo Depero “Scegli da che parte stare” è il titolo perentorio di un progetto di educazione civica rivolto alle classi terze e quarte del Liceo artistico F. Depero di Rovereto, sui temi del diritto alla cittadinanza e dell’arte come strumento di sensibilizzazione rispetto ad esso. Il primo appuntamento ha avuto luogo mercoledì 14 aprile con il prof. Vincenzo Antonelli, docente di diritto amministrativo presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, già lo scorso anno intervenuto tempestivamente in una videoconferenza per il Depero sul tema della “Libertà in emergenza”, toccando quindi un problema in quel momento particolarmente sentito dai ragazzi.  Antonelli, con la passione e l’efficacia comunicativa che lo contraddistinguono, ha fornito un approccio giuridico al problema delle migrazioni, per “guardare il mondo con la lente del diritto”. Il giurista è partito dal suo vissuto, con il toccante racconto di alcuni eventi degli anni ‘90, dai misteriosi indumenti (che si seppero poi abbandonati dai migranti appena approdati a terra), ritrovati dal padre sotto gli alberi di limoni e mandorle, nei pressi di Avola, all’impegno di Don Carlo D’Antoni nella baraccopoli di Cassibile, fino al naufragio di Capo Passero del Natale del 1996, il primo di una lunga serie e il primo caso a sollevare le coscienze e ad aprire il dibattito pubblico sul problema delle migrazioni nel nostro Paese. Perché ancora oggi, tra chi intraprende la traversata per fuggire da guerra, fame, povertà, mancanza di libertà, sopravvivono solo i più forti: gli altri “se li mangia il deserto”, “se li prende in mare”, spiega Antonelli, arrivando così a chiarire il titolo del progetto. “Scegli da che parte stare” vuol dire poter scegliere dove vivere con il riconoscimento dei pieni diritti, perché questo è, almeno in origine, il concetto di cittadinanza: “il diritto ad avere diritti”. Nella storia, continua Antonelli, possiamo trovare molti esempi che dimostrano come negare la cittadinanza significhi trasformare le persone in numeri, senza diritti e identità, arrivando così al paradosso di “usare la cittadinanza per discriminare”. Risulta chiaro il riferimento ad Hannah Arendt, che ne “Le origini del totalitarismo” sancì che “il diritto ad avere diritti, o il diritto di ogni individuo ad appartenere all’umanità, dovrebbe essere garantito dall’umanità stessa”. Si tratta in definitiva, conclude Antonelli, di “una cittadinanza universale, che superi i confini degli stati nazionali a cui oggi è ancora ancorata la cittadinanza legale ed abbracci l’insieme dei diritti costituenti il patrimonio di ogni persona, indipendentemente dalla sua provenienza, l’insieme di quei diritti umani che garantiscono la dignità di ogni persona”. In sostanza, “la via per la cittadinanza è la via per i diritti umani”.  Elia Li Gioi, Avola (SR) Elia Li Gioi, Museo dei migranti, Bruxelles Il secondo incontro ha avuto luogo lunedì 19 aprile con l’artista e docente di Storia dell’arte Elia Li Gioi e la dott.ssa Loredana Marchi, direttrice del Museo dei Migranti di Bruxelles, dove sono esposte alcune delle opere più importanti di Li Gioi. La peculiarità delle sue sculture consiste proprio nel riuso dei rottami delle imbarcazioni che trasportarono i migranti verso le coste siciliane. Ed è proprio la Sicilia la terra d’origine di Antonelli e Li Gioi i quali, nella loro vita e nella loro carriera, hanno fatto tesoro con impegno civico ed umanità di quanto sperimentato e visto con i propri occhi negli anni della loro infanzia e adolescenza, quando assistettero ai primi sbarchi e alle prime tragedie che, ormai, sono diventate tristemente frequenti. Li Gioi, con le sue opere che vogliono “smuovere le coscienze” rispetto ai drammi che animano anche il nostro presente, ha parlato ai ragazzi del suo percorso umano ed artistico, sottolineando l’importanza di umanizzare gli spazi ed i tempi dell’arte, della politica, di ogni manifestazione del vivere. E qui entra in campo anche la seconda accezione del titolo del progetto: perché quello “scegli da che parte stare” è anche un richiamo alle nostre coscienze, è un invito a non restare indifferenti, a non macchiarsi di ignavia, a prendere una posizione. Come ha fatto Li Gioi, da sempre impegnato a favore dell’inclusione sociale e della promozione della cultura e della solidarietà, tanto che è stato nominato Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente Sergio Mattarella nel 2019, mentre il neonato Museo dei migranti di Bruxelles ha allestito un’intera ala sul tema della migrazione dei popoli nel Mediterraneo, raccontata attraverso le sue tele e soprattutto i suoi “assemblage” polimaterici, realizzati a partire dai legni e pezzi di metallo dei barconi con cui i migranti sono approdati, o hanno tentato di approdare, sulle coste siciliane.  In collegamento da Bruxelles, la direttrice italiana del nuovo Museo, la dott.ssa Loredana Marchi, ha condiviso con gli studenti del Depero la sua esperienza di insegnante della lingua madre per i figli degli immigrati italiani in Belgio, grazie alla quale si è avvicinata al mondo del volontariato per l’integrazione culturale dei migranti – non solo italiani – attraverso l’associazione Foyer ed ora con l’istituzione del Museo dei migranti che, come dice Li Gioi, è una sorta di monito nel cuore dell’Europa affinché non si dimentichi o, peggio, si neghi un giorno la tragedia dei migranti in atto nel nostro tempo. D’altra parte anche le sue opere d’arte vogliono essere testimoni, sono dei totem che “raccolgono la storia dei popoli, segni del nostro tempo”. La direttrice del Museo insiste con i ragazzi sull’importanza di scegliere da che parte stare rispetto al drammatico problema delle migrazioni, che coinvolgono anche tanti loro coetanei in cerca di libertà ed opportunità.  Gli studenti hanno seguito con grande attenzione e partecipazione ed hanno posto molte domande soprattutto di tipo artistico. Ad affascinarli sono stati la tecnica dell’assemblaggio e lo stesso processo creativo che rianima, con una nuova vita e un nuovo significato, materiali destinati allo smaltimento. L’artista ha risposto ai quesiti sostenendo che quei “rifiuti speciali”, provenienti dai relitti dei barconi, lo hanno chiamato con la forza delle speranze, delle sofferenze e…

Il set

Il set

Il set è divisione dei compiti, collaborazione, responsabilità ma anche sorpresa e divertimento. Noi del Depero lo sappiamo bene. Fin dal terzo anno si sperimenta il lavoro sul set, imparando la serrata divisione dei reparti e al contempo l’interdipendenza di ogni singolo elemento. Se fallisce uno falliscono tutti. Quando invece la sinergia si compie è quasi magia. Dalla fusione della creatività e la tecnica dei presenti nasce qualcosa di nuovo e inaspettato, nonostante l’attenta pianificazione. E’ la nascita di un film, che verrà “cresciuto” dai responsabili della postproduzione e si trasformerà di qualcosa d’altro ancora. Se tutto va bene avremo una nuova creatura simile a ciò che prima di mettere piede sul set ci eravamo immaginati ma allo stesso tempo sorprendentemente nuova. Ma vediamo chi sono i protagonisti sul set. Innanzitutto abbiamo un condottiero, il regista, sul quale ricade la responsabilità finale del progetto. Lui è a comando di tutti i reparti, la sua parola è legge, sempre che non debba far capo ad un produttore. Il set, infatti, è per forza di cose gerarchico. Ci vuole ordine e controllo. A differenza di altre arti dove l’artista solitario partorisce la sua opera liberamente, coi suoi tempi, su un set cinematografico è necessaria una pianificazione attenta e precisa, un ordine assoluto volto al risparmio di tempo e denaro per la massima resa con il minor sforzo economico possibile. Nel caso di una produzione più grande e strutturata il regista avrà degli assistenti, la squadra di regia, composta da aiutoregista e assistenti alla regia. Che cosa fanno i suoi assistenti? Lo aiutano ad organizzare le giornate di shooting per esempio, stabilendo orari, tempi, facendo arrivare ogni persona all’ora giusta e di conseguenza risparmiando tempo e soldi a tutti. Sotto al regista ci sono i capi reparto. Il direttore della fotografia è al comando di tutti coloro che si occupano di luce e macchina da presa. Operatori di ripresa, assistenti, elettricisti e macchinisti fanno tutti capo a lui, il direttore (per l’appunto) della fotografia, che a sua volta fa capo all’insindacabile volontà del regista. Gli elettricisti si occupano di alimentare e posizionare tutte le luci e i modificatori richiesti dal DOP. I macchinisti sono, potremmo dire gli ingegneri, sul set. Un po’ architetti, un po’ operai, un po’ ingegneri costruiscono carrelli, rig e macchinari a doc per realizzare i movimenti di macchina immaginati dal regista. Altro capo reparto è il fonico, che gestisce il delicato aspetto dell’audio in presa diretta. Normalmente porta con sé un fidato scudiero, il microfonista (o boom operator). Insieme al regista prima e con la creatività di sound designer e compositori dopo, il fonico concepisce la dimensione sonora del film. Il suono costituisce il 50% del film, direbbero in molti registi. C’è poi tutta la messa in scena. In un set strutturato avremo uno scenografo che si occupa del design degli ambienti in cui si muovono gli attori, pilastro della narrazione filmica. Un altro reparto si occupa di rendere ancora più espressivi e esteticamente appropriati alla narrazione gli attori vestendoli, truccandoli e pettinandoli per la scena. Avremo quindi costumisti, truccatori e parrucchieri. E come si suol dire “gli ultimi saranno i primi”. Possiamo avere anche un testo di Shakespeare ma senza buoni attori ad interpretare il testo non avremo un buon film. Pilastro portante della narrazione filmica è l’attore, ovvero colui che da voce ai testi dello sceneggiatore. Se fallisce lui falliscono tutti. Si potrebbe andare avanti, con segretario d’edizione, clapper, operatori specializzati come lo steadycam operator (reparto fotografia), stuntmen, vfx supervisor, DIT e chi più ne ha più ne metta. Il set è un mondo in costante espansione che varia nell’organizzazione e dimensioni a seconda del progetto. Alcune produzioni hollywoodiane possono avere set con centinaia di persone (vedi i colossal). Al liceo F.Depero abbiamo laboratori con 10-12 persone perciò ci limitiamo normalmente all’essenziale: regista, direttore della fotografia, operatore, fonico e attori. Ciò che importa è apprendere l’importanza della creazione sinergica che è alla base di ogni buon prodotto audiovisivo. Jordi Penner insegnante dell’indirizzo Audiovisivi

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